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Le dieci Banche Popolari dopo la legge sulle Spa: nella loro foto in filigrana ci sono “stranieri” e spesso (sempre?) Intesa Sanpaolo con i suoi “amici”

Banche Popolari

Banche Popolari

Era ben noto e dal 4 novembre 2014, a conclusione di “una fase preparatoria di un anno che prevedeva un esame approfondito della tenuta e dei bilanci delle maggiori banche dell’area” in base al regolamento sull’MVU (Meccanismo di vigilanza unico), a un anno, quindi, dalla sua entrata in vigore la BCE iniziò a esercitarela vigilanza diretta su 120 gruppi bancari significativi, che rappresentano l’82% (in termini di attivi) del settore bancario dell’area dell’euro. Inoltre, per gli altri 3.500 enti creditizi la BCE definirà gli standard di vigilanza e ne verificherà l’applicazione, collaborando strettamente con le autorità nazionali competenti nella vigilanza di tali enti…“.

Un istituto di credito è considerato “significativo” se, sostanzialmente, soddisfa una delle seguenti condizioni:

– il valore totale delle attività (in buona sotanza la somma della raccolta e degli impieghi dei fondi) supera i 30 miliardi di euro…

– è uno dei tre enti creditizi più significativi in uno Stato membro;

– riceve assistenza diretta dal meccanismo europeo di stabilità (MES);

In considerazione anche di questa “rivoluzione”, giustificata politicamente dalla volontà di varare un sistema bancario unico europeo, e della “moral suasion” di Ignazio Visco sull’allora premier, Matteo Renzi, superò le opposizioni delle principali Banche Popolari e ne varò, quindi, la legge che convertiva i decreti approvati il 20 gennaio 2015 che imponeva alle Popolari con un patrimonio superiore agli 8 miliardi la trasformazione in Società per Azioni non più regolate, tra l’altro, dal voto capitario (una testa un voto a prescindere dale azioni possedute, il cui limite formale, facilemnte aggirabile, era, comunque, fissato al 2%).

Quali erano queste Popolari?

In ordine decrescente per la grandezza dell’attivo la Banca Popolare di Verona e Novara (alias Banco Popolare), Ubi Banca, la Banca Popolare dell’Emila Romagna (Bper), la Popolare di Milano, la Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca, la Popolare di Sondrio, il Credito Valtellinese (Creval), la Popolare di Bari e la Popolare dell’Etruria e del Lazio.

Vediamo cosa è successo a queste Popolari da quel momento lasciando a voi e al futuro le valutazioni e la considerazioni che ancora non si fanno con la dovuta attenzione sull’arrivo del dominio della BCE (a trazione Draghi) e sulle conseguenze della legge Renzi – Visco e sulla gestione di quella fase a trazione Banca d’Italia con Ignazio Visco e Carmelo Barbagallo protagonisti di azioni ad oggi ancora non esplorate per lo meno col rigore con cui la BCE vivisezionò la banche italiane, tra cui le Popolari.

Ebbene

Tutto qui? No, perchè Intesa Sanpaolo, dando “carta” in cambio sotto forma di un aumento di capitale, ha assorbito Ubi Banca (che aveva in pancia Banca Etruria) con l’aiuto, come dicevamo, di Bper per le 500 filiali acquistate a 1.5 mld e del suo azionista di riferimento Unipol, che ha staccato un assegno di un miliardo per rilevare il ramo assicurativo della banca bergamesca con zoccolo duro di azionisti a Brescia che Intesa non poteva acquisire per questioni di antitrust.

Tutto chiaro il destino delle (ex) Banche Popolari italiane e il ruolo di Intesa Sanpaolo, il (mono)polo bancario (non è un errore di stampa ma fa tanto monopolio)?

Se non vi è chiaro forse abbiamo sintetizzato male noi la “bank story”, ma, se non ci volete rileggere per capire meglio, di certo non capirete di più leggendo i media nazionali, se mai affronteranno l’argomento, in alcuni dei quali, i più significativi (Il Sole 24 Ore, Il Corriere della Sera ad esempio) Intesa è ora presente anche come socio o finanziatore così come anche la comproprietà della Borsa fa parte dei suoi asset, tra cui c’è… la quota di maggioranza in… Banca d’Italia.

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