Tanto tuonò che piovve, finalmente dopo molte attese e altrettante incertezze i risparmiatori azzerati dai crac bancari di mezza Italia il 30 dicembre hanno ottenuto la proroga del termine in scadenza della Commissione tecnica del FIR.
Dice l’Art 3 comma 7 del Decreto-legge 29.12.2022 n. 198 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 29.12.2022: “All’articolo 1, comma 63, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, le parole: «31 dicembre 2022» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2023». Agli oneri derivanti dal presente comma, pari a 175.000 euro per l’anno 2023, si provvede mediante corrispondente utilizzo del Fondo di parte corrente, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di cui all’articolo 34 -ter, comma 5, della legge 31 dicembre 2009, n. 196”.
Ma facciamo un passo indietro per spiegare come ci siamo arrivati.
Il problema a monte nasce dai cosiddetti “bocciati del FIR”, una platea di qualche migliaio di risparmiatori (circa 7.000, ndr) che si sono visti respingere le domande per un motivo o per l’altro.
C’è chi avrebbe sbagliato il binario (ricordiamo che per accedere al regime semplificato altrimenti detto del forfettario , non si doveva sforare i limiti di reddito di 35.000 euro o di patrimonio di 100.000 euro; chi per errori anche banali nella compilazione delle domande non avrebbe ottenuto il desiderato ristoro; chi per aver ottenuto una liquidazione non soddisfacente si ritiene ingiustamente indennizzato; altri invece invocano supposti errori dell’Agenzia delle Entrate o della stessa Commissione Tecnica.
Insomma una platea vasta e variegata della quale è difficile dare esaustivo conto, ma tali e tante sarebbero le doglianze narrate e che abbiamo raccolto dalla voce dei protagonisti che le trattiamo senza spingerci a voler dar ragione o torto ad alcuno, per dovere di cronaca e per dare un senso ai fatti e alle vicende di cui stiamo parlando.
A fronte di tale problematica molte associazioni avevano promosso o tentato di promuovere raggruppamenti, con l’intento di fare pressione sul Governo al fine di ottenere una sanatoria ad ampio raggio, non solo degli errori materiali ma anche sostanziali per intenderci. In sostanza si sperava di poter rimettere sul binario giusto quei risparmiatori che erano finiti su quello sbagliato, con relativa bocciatura della Commissione tecnica.
Il primo assalto alla diligenza della legge finanziaria però non sortiva gli effetti sperati con molte voci in proposito su chi con fermezza stesse respingendo ogni ipotesi di riapertura, ma resta il fatto che gli emendamenti non passavano il vaglio non diciamo dell’aula della Camera ma neanche delle Commissioni competenti preparatorie.
Tra l’altro non è che il fronte associativo fosse, poi, così compatto, sappiamo bene che l’atavico motto italico “chi fa da sé fa per tre” è una filosofia assai diffusa, ma in questo caso e in politica si finisce per bucare l’obiettivo della sintesi con bruschi scivoloni e spiacevoli risvegli.
Finiva, quindi, inaspettatamente in finanziaria il 20 dicembre un emendamento sul Fir, il cosiddetto 50.03: «L’attività di attribuzione degli indennizzi del Fondo indennizzo risparmiatori, istituito dall’articolo I, comma 493, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, si conclude il 31 dicembre 2022. La Commissione tecnica, nominata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze il 4 luglio 2019 pubblicato per comunicato nella Gazzetta ufficiale del 26 luglio 2019, resta in carica fino al 30 giugno 2023 esclusivamente per la gestione dei contenziosi concernenti le prestazioni del Fondo ed il completamento delle attività del Fondo».
In pratica, la norma sul Fir chiudeva la partita, porte in faccia agli azzerati e, in risposta a chi sperava in qualche timida apertura, la Commissione, è vero, restava per il contenzioso fino al Giugno 2023, ma era evidente che a Roma qualcuno ci sperava o ci spera nel prepensionamento della vicenda.
Immediate e subitanee le reazioni dei più, direi anche trasversali, dal senatore Pierantonio Zanettin, alla sua quinta legislatura, a Enrico Letta, segretario sia pure uscente del Pd, fino all’on. del M5S Enrico Cappelletti. Risultato? Alle 3.20 del 21 dicembre 2022 l’emendamento veniva nottetempo ritirato!
Ma allora chi lo aveva promosso e perché? Aspettiamo che qualcuno si faccia vivo per spiegarlo ai più.
Andiamo avanti, anche se chi ci legge può vedere da sé che le marce indietro non mancano.
La bagarre restava, insomma, si chiedeva qualcuno, lo facciamo oppure no questo riparto? Sarebbe previsto per legge!
Fra i più convinti sostenitori di un equa redistribuzione del residuo Patrizio Miatello dell’associazione Ezzelino III da Onara non ha mancato di perorare la causa in tutte le sedi e con pubbliche esternazioni.
Nulla di fatto, la politica sembrava essersi improvvisamente dimenticata delle promesse, anche di quelle scolpite nella legge.
Come un fulmine a ciel sereno spariglia le carte in tavola proprio l’on. le Zanettin di Forza Italia, poco clamore ma molti fatti il senatore forzista, ringraziando anche per il suo operato il ministro, collega di partito, Anna Maria Bernini, rassicura tutti, la differenza la farà il cosiddetto decreto legge “Milleproproghe”.
E oggi possiamo dire che la promessa è stata mantenuta grazie a uno stile, questa volta riesumato e tipico del nord est: chiacchiere poche, risultati subito.
Ora però non soffermiamoci sulle “valutazioni politiche legate ad una ripartizione del residuo” come dice il sottosegretario, però anche lui nordestino, della Lega, Massimo Bitonci. Non è proprio il caso, quanto meno e solo pensando a chi con la Consap e la Commissione non ha mai avuto alcun tipo di problema.
Qualcuno ci spieghi perché chi ha correttamente compilato la domanda di accesso al Fir rispettando tutti i parametri di legge ed è stato valutato positivamente, non debba poter aspirare ad avere qualche soldo in più.
Non siamo insomma alla soluzione di ogni male, ma almeno ora c’è la possibilità di passare i prossimi mesi a costruire qualcosa, non a discutere di solo contenzioso.